LA FABBRICA DEL RINASCIMENTO: Una mostra per i vicentini che attrae ma non conquista.

Qualche considerazione sulla mostra d’arte che si sta svolgendo nella mia città, Vicenza, in questo periodo (dal 11/12/2021 al 18/04/2022).

Io sono un grande frequentatore di mostre d’arte (pittura per la precisione), e mi sento di dire che se avessi visitato un’esposizione temporanea simile a quella presente oggi in Basilica, ma in una città che non è la mia, non uscirei assolutamente soddisfatto. Il motivo è semplice: La fabbrica del Rinascimento non è altro che la storia degli eventi che hanno portato Vicenza ad essere un cantiere a cielo aperto (“fabbrica” per l’appunto) nel XVI secolo; d’accordo il sottotitolo lo preannunciava (Processi creativi, mercato e produzione a Vicenza. Palladio, Veronese, Bassano, Vittoria), ma se poi inserisci la parola “Rinascimento” nel titolo della mostra ti ritrovi fruitori venuti da qualsivoglia città dello Stivale, con aspettative enormi e che rimarranno inevitabilmente delusi dal riferimento troppo “vicenzacentrico” e dalla pochezza di opere presenti. A proposito di questo: è una mostra d’arte e presenta poche opere (e pochissime di qualità), l’audio-guida è gratuita e questa è cosa buona, ma se una persona (come il sottoscritto) volesse visitare la mostra senza quel marchingegno e basandosi quindi solo sulle scritte alle pareti (prolisse), deve prendersi del tempo, e si sa che dopo qualche ora la concentrazione cala. Per tale ragione la logica della mostra può perdersi facilmente e solo chi è appassionato ed esperto potrà davvero comprendere il significato di ogni stanza dell’esposizione. Questo è un male poiché la mostra dev’essere ideata per la comprensione di tutti, soprattutto da coloro che sono venuti a Vicenza perché attratti dalla parola “Rinascimento” e non dal sostantivo “fabbrica” (che sconfinfera solo i veri appassionati).

Non mi soffermo sul costo eccessivo del biglietto (13 euro intero) giacché per approfondire tale argomentazione si dovrebbero conoscere i dettagli delle spese ed i vari accordi commerciali, del quale mi interessa poco. Ma come già anticipato è chiaro che un mostra già da me definita “Vicenzacentrica” non può assolutamente avere un prezzo del genere sia per il periodo economico che stiamo vivendo, sia per il luogo d’origine dei vari dipinti: praticamente tutti provenienti da Chiese, palazzi e musei vicentini (plastici compresi).

Ci sono però anche dei lati positivi: oltre alla scoperta dei motivi che hanno portato Vicenza ad essere ricca ed un cantiere a cielo aperto, potendo così divenire il piccolo capolavoro che è oggi (sebbene ci sia ancora molto da migliorare); troviamo anche rarissime incisioni su cristallo di rocca (stupende a mio avviso) realizzato dall’orafo vicentino Valerio Belli (1468-1546, palazzo Chiericati, Vicenza fig. 1), sculture di Alessandro Vittoria, poco conosciuto ma importante per seguire l’ideale classico che con il (quasi) coetaneo Palladio si stava espandendo a Vicenza. Ci sono poi diversi bozzetti di grande interesse (forse la cosa che più mi ha emozionato), e alcune riproduzioni di statue romane fonte di ispirazione per tutti gli artisti passati per Vicenza. Di grande importanza: l’opera di Tintoretto Sant’Agostino guarisce appestati e sciancati (1549-50, olio su tela, Palazzo Chiericati, Vicenza. fig. 2); le tele di Jacopo da Bassano: Adorazione dei Magi (2 versioni: ca. 1560 olio su tela, The Barber Institute of Fine Arts, Birmingham, UK; 1562-64, olio su tela, Kunsthistorisches Museum, Vienna, Austria. fig. 3); Il Martirio di Santa Caterina (1545, olio si tela, museo civico di Bassano del Grappa. fig. 4) Ritratto di due cani (1548-50, Museo del Louvre, Parigi. fig. 5). Inoltre troviamo qualche dipinto di Paolo Veronese tra cui: Unzione di Davide (1555, olio su tela, Kunsthistorisches Museum, Vienna fig. 6).
Di valore artistico anche un arazzo (1550, San Marco, Venezia) realizzato da Giovanni Rost su disegno di Andrea Schiavone (fautore del Manierismo a Venezia).


fig. 1

   
fig. 2

fig. 3


fig. 4

fig. 5


fig. 6

Senza dubbio la più grande novità, che trovo graficamente orrenda ma di grande interesse, è l’ultima stanza in cui vengono mostrati i costi dell’architettura e vari stipendi del XVI secolo in Troni (moneta virtuale mai coniata che si utilizzava a Vicenza).
Un Trono era composto da 20 Marchetti, un Marchetto da 12 Denari. 6 Troni e 4 Marchetti sono un ducato (quindi 24 Marchetti=1 ducato).
Per comprendere meglio i costi quindi i curatori della mostra (Bergamini, Gasparotto, Vinco) hanno avuto la geniale idea di convertire tutto in unica valuta: il maiale.
Ed così che comprendiamo che Andrea Palladio per progettare le logge della Basilica (poi Palladiana) è stato scelto, non solo per l’idea innovativa e di leggerezza architettonica avuta nel costruire un loggiato composto da serliane, ma per la minor richiesta di spesa e cioè 2 maiali 2/3; decisamente differenti dei 18 maiali richiesti da Giulio Romano per il suo progetto (aggiungerei “fortunatamente scartato” poiché l’idea di G. R. era quella di costruire una struttura massiccia, con colonne grosse, tozze ed un bugnato assolutamente poco originale).
Proseguendo nella “parete dei costi” si scopre poi che una domestica nel XVI secolo prendeva 3 maiali e 1/3 all’anno mentre un uomo d’affari prendeva ben 1333 maiali e 1/3 all’anno (Giuliano Piovene), insomma – purtroppo – nulla di nuovo rispetto ad oggi.

Prima di concludere questo noioso articolo che spero comunque vi sia piaciuto, volevo anche accennare alla location: la Basilica è il patrimonio indiscusso di Vicenza ed è il fulcro del turismo, non è quindi sensato, a mio avviso, concedere il monopolio delle mostre poiché piazza dei signori è già un luogo visitato a prescindere da ciò che offre all’interno la Basilica. Per questa ragione, come dico da anni, Vicenza ha bisogno di creare nuovi itinerari turistici differenti puntando su zone meno “calpestate” dai turisti (e dai vicentini), deve quindi creare nuovi spazi espositivi sfruttando palazzi o vecchie case abbandonate o sfitte. Un esempio può essere quello di organizzare mostre in zona Carmini (dove si trova la Chiesa Santa Croce in San Giacomo Maggiore), che oltre a contenere diversi dipinti di interesse (Un telero di Paolo Veronese e uno di Jacopo Da Bassano), è anche situata all’estremità di Corso Fogazzaro, una delle strade pedonali (o quasi) più affascinanti di Vicenza e che i turisti una volta attratti da un’ipotetica mostra percorrerebbero per raggiungere la Basilica, che come suddetto è la vera e grande attrazione della nostra elegante Vicenza.

In conclusione la mostra La fabbrica del Rinascimento a mio avviso dovrebbe essere permanente perché complessivamente sintetizza discretamente bene la Vicenza artistica del XVI secolo (nonostante ci sia già il Palladio Museum che però è più incompleto).
Ciò detto, questa mostra dev’essere vista? Si, soprattutto da noi vicentini (facciamo questo sforzo economico), ma consiglio di andarci con la massima concentrazione e con voglia di scoprire, leggere ed informarsi, non è immediata e al di là dei capolavori citati nell’articolo, non presenta molte opere per la quale basta la sola fruizione visiva.
Per i turisti che vengono da fuori credo l’interesse sia inferiore e come spiegato “Rinascimento” è una parola fuorviante che può attrarre ma che sicuramente una volta entrati non conquista.

Enrico Faggionato

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Nato a Vicenza il 18/05/1990 Laureato in Conservazione e gestione dei beni e delle attività culturali nel 2016 presso l'università, Ca'Foscari di Venezia.